È una questione che spesso affrontano i fabbricanti, ed è spesso risolta in termini commerciali, non giuridici. Per il diritto la questione si risolve con sufficiente trasparenza. Il fabbricante immette sul mercato una macchina marcata CE e per farlo ha dovuto esaminarla dal punto di vista dei rischi che conseguono all’uso della medesima, trovando le soluzioni per eliminarli a uno a uno, e informando l’utilizzatore su quelli che residuano. Questi ultimi sono spesso legati alla funzione stessa della macchina (esempio tipico: la pericolosità della lama di una sega). Nel momento in cui l’utilizzatore ha l’esigenza di servirsi della macchina per uno scopo diverso da quello originario, oppure in condizioni diverse (per esempio, rendere mobile una macchina che originariamente era fissata al suolo), il fabbricante non ha più solo il compito di mantenere l’efficienza della macchina, ma anche di modificarla per soddisfare esigenze di utilizzo diverse da quelle presenti al momento dell’immissione della macchina sul mercato. L’originale marcatura CE non è più in grado di assicurare la conformità della macchina alle direttive applicabili, perché non ha considerato i rischi, e i rimedi agli stessi, che sono stati modificati dal fabbricante. Non si tratta più, quindi, di operazioni di manutenzione della macchina, ma di una modifica che deve avere come conseguenza una nuova analisi dei rischi e una nuova marcatura CE. Di diritto, tutti i soggetti che possono essere considerati fabbricanti possono modificare la macchina. Di fatto, il fabbricante che ha immesso la macchina sul mercato avrà qualche vantaggio operativo e documentale sui concorrenti.